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16 janvier 2014

I fuochi di S. Antonio: un ballo intorno a "su fogarone" tra riti e leggende!

C’ è un fuoco che divide e uno che unisce, uno che distrugge e uno che alimenta i buoni propositi, uno maledetto e uno rituale. Gennaio è mese dei fuochi. Non di quelli che riempiono il cielo estivo di polvere nera ma di altri, forse più silenziosi per la stampa nazionale, ma immancabili nella tradizione sarda.

Parliamo della festività di Sant’Antoni de su fogu, rito di matrice paleocristiana che culmina con l’accensione di giganteschi falò che ardono per tutta la notte del 16 gennaio.

Sant’Antonio Abate, detto anche Sant’Antonio d’Egitto, del Fuoco o del Deserto, fu un eremita egiziano vissuto tra il III e il IV secolo D.C., morto ultracentenario, considerato il fondatore del monachesimo cristiano nonché primo abate.

Patrono della pastorizia e dell’agricoltura, il nome del santo è indissolubilmente legato alla leggenda che lo vede errare, insieme al maialino che l’accompagna nella diffusa iconografia, nei gironi infernali per salvare le anime dei dannati: in una di queste occasioni il Santo, approfittando del disordine creato dal fido animale, riuscì a rubare una scintilla di fuoco, nascondendola dentro un tronco cavo, portandolo così agli uomini che non ne conoscevano l’esistenza. Una leggenda che fa subito venire alla mente il mito pagano di Prometeo e che si lega, di fatto, alla necessità di celebrare l’inizio dell’anno agricolo (che secondo i vecchi trattati di agricoltura inizierebbe il 17 gennaio per concludersi l’11 novembre) andandosi così a propiziare un buon raccolto. Continua a leggere su: FOCUSARDEGNA

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